Il “Peius” della politica

Il “Peius” della politica

Tra gli altri delitti, questa farsa pandemica ha rappresentato anche l’opportunità per quei politici amministratori di territori locali ma soprattutto regionali, di cogliere l’occasione al balzo e tirare un sospiro di sollievo potendosi garantire la prosecuzione del loro mandato politico e la loro rielezione.

Infatti è successo che governatori di regione, che non godevano più della fiducia popolare ed era inevitabile il loro declino politico, sono riusciti a costruirsi un nuovo consenso cavalcando l’onda della paura del virus e, decretando in maniera peggiorativa rispetto ai decreti governativi, hanno convinto i propri elettori che avevano così a cuore la salute dei cittadini residenti nel loro regno che hanno deciso di chiuderli in casa non per trenta giorni ma per sessanta, obbligandoli alle  mascherine non solo nei luoghi chiusi ma  dovunque, nei parchi, per strada e sulle spiagge, così pure l’obbligo del lasciapassare esteso anche ai sottoscala dei palazzi.

E’ così che gli agenti di polizia locali sono stati impiegati per i controlli sulle spiagge rincorrendo che vi si allenava, multando chi beveva un caffè al banco, chiudendo i locali che hanno osato tollerare l’ingresso di un non tamponato o non inoculato.

Insomma un colpaccio di fortuna pandemica per questi regnanti quasi sdoganati.

Perché i governatori delle regioni abbiano potuto peggiorare le imposizioni previste dai decreti del governo è un argomento ancora oggi molto dibattuto.

La “reformatio in peius” è prevista dal codice di procedura penale e specificamente nel caso in cui dopo la condanna di primo grado, il pubblico ministero, e solo lui, ricorre in appello ed in quella circostanza può essere irrogata una pena peggiore della precedente.

Nell’ambito dell’amministrazione dello Stato, successivamente alla legge n°3 del 2001 che ha riformato il titolo V della Costituzione modificando principalmente l’art. 117, alle Regioni sono state attribuite competenze concorrenti a quelle dello Stato, e tra queste c’è “la tutela della salute”, sempre nel rispetto dei principi fondamentali definiti in Costituzione.

Si può dunque affermare che i governatori di regione non erano obbligati ad emanare decreti peggiorativi delle disposizioni governative, in materia di emergenza sanitaria e psico-pandemia, ma si tratta invece di una scelta precisa la cui motivazione avrebbe potuto essere ad esempio questa: visto che il decreto del governo ha stabilito l’obbligo delle mascherine nei locali chiusi su tutto il territorio nazionale, considerato che invece qui nel nostro territorio c’è all’esterno  dei locali un’aria o una folla particolarmente patogenica allora si decreta che anche fuori all’aperto … e così via …“in peius”.

Mi chiedo quali informazioni migliori avessero  i regnanti regionali rispetto al comitato tecnico scientifico, a cui ha fatto peraltro riferimento il governo nella strumentale emergenza? Tali informazioni che hanno consentito loro di ridurre in stato di clausura domestica e territoriale i cittadini sudditi, e chi non si adeguava giù randellate.

Ed ancora, se fossero stati in possesso di informazioni scientifiche più oggettive e vincolanti perché non le hanno rese pubbliche così da farne beneficiare tutti gli italiani?

E perché il governo di turno ha lasciato che ciò accadesse senza chiedere le motivazioni di tali scelte peggiorative, se potevano essere d’aiuto a tutti gli italiani?

La verità è che questi strateghi della politica, pur di continuare a regnare sul loro feudo hanno messo in atto gli insegnamenti di Thomas Hobbes, filosofo britannico che nel 1651 scriveva nella sua opera più famosa “Leviatano” che per costruire una società ordinata e pacifica era necessario il potere assoluto di uno Stato che utilizzasse la paura come elemento di controllo sociale.

Od anche gli insegnamenti di Noam Chomsky, linguista, filosofo americano oggi 94enne definito il più grande intellettuale vivente dal New York Times, il giornale che ha denunciato la Ursula europeinomane per aver occultato i messaggi con cui si accordava con Bourla il padrone della officina della morte.

Controllare individui omologati é molto più facile che gestire individui pensanti, utilizzando l’aspetto emotivo come la paura di ammalarsi e l’autocolpevolizzazione di contagiare gli altri.

E molti ci sono riusciti, sono stati rieletti, il pastore ha richiamato il suo gregge.

Adesso però, bisogna parlare di responsabilità.

Se come si è detto, questi regnanti regionali hanno di loro sponte deciso “in peius”, alla luce di queste ultime ed acclarate evidenze: sieri genici mai testati  di cui  i fabbricanti di morte conoscevano l’elevato grado di patogenicità, maschere inutili per la protezione da virus anzi rischiose per ipercapnia respirare la propria anidride carbonica,  per ipossia carenza di ossigeno, chiusure forzate di cittadini in casa e di attività commerciali, povertà indotta e problemi psicologici aumentati del 30% soprattutto nei più giovani, numero impressionate di effetti avversi ai sieri genici e molti hanno perso la vita per malori improvvisi, allora i governanti regionali che hanno deciso “in peius” hanno una loro responsabilità soggettiva quindi penale di cui dovranno rendere conto prima possibile.

La via per la rinascita dello stato di diritto passa anche dal fare giustizia di questi strateghi del potere che in un Paese devastato dal totalitarismo sono saliti sul carro del tiranno di turno illudendosi di aver chiuso bene l’ovile.

Ma si sbagliano.

Carlo Ceresoli

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