Prendere a pugni un uomo solo perché è stato un po’ scortese…

Prendere a pugni un uomo solo perché è stato un po’ scortese…

…Sapendo che quel che brucia non sono le offese…..ma a far male è la verità che viene rivelata… e non ci piace.

E’ la verità di un fatto scomodo, che ci può danneggiare, che può mettere a rischio tutto un progetto di vita personale o economico…oppure politico.

La rivelazione di un inganno, di uno scandalo ci espone ad essere compresi realmente, e odiati, osteggiati, finanche perseguitati.

Allora è meglio far finta di non vedere, di non capire, bisogna non dire niente, conviene girarsi dall’altra parte.

O meglio ancora convincersi che il marcio, le cattiverie, l’ingiustizia non sono in fondo che facce della stessa medaglia. L’uomo è pur sempre un essere imperfetto.

Perciò è meglio essere dalla parte più conveniente della storia.

Anche se c’è un costo che pagheranno altri, quelli che non ci stanno, coloro che non dormirebbero bene la notte, quelli a cui, conoscendone i retroscena,  rimorderebbe la coscienza non denunciando un ingiustizia, una illegalità, un abuso o un sopruso.

E sono proprio questi ultimi che si battono perché la verità alternativa sia conosciuta e riconosciuta dagli altri, affinché possano costruirsi una opinione libera più veramente possibile.

Ci sono persone a cui capita nella vita di essere di fronte al dilemma di rivelare, di denunciare il fatto vero, anche a rischio della propria vita, oppure tacere.

Ci sono persone che scelgono questa vita per mestiere.

Debbono imparare a destreggiarsi tra false notizie e comode bugie e devono fare i conti ogni volta su quale sia la cosa giusta da fare. Già perché capita che non sempre la cosa giusta da fare corrisponda ad una verità da rivelare a tutti.

Se poi il lavoro che ti sei scelto è quello del giornalista, allora in questa modernità liquefatta non hai vita semplice, ma ormai chi più ce l’ha.

Poiché  il tuo compito è quello di diffondere le notizie di cui vieni a conoscenza, a cui presti interesse ed approfondisci con scrupolo e rispetto delle parti coinvolte, dopo aver controllato l’attendibilità delle fonti e la veridicità dei fatti,  evitando di sputare sentenze, ergendoti a giudice incontestabile condannando qualcuno ad una pena comunque ingiustificata.

Il giornalista ha almeno due obiettivi: il primo è quello di contribuire a diffondere una notizia utile a tanti, l’altro è quello di restare in vita a dispetto del suo lavoro.

E’ pur vero che il posto in cui decidi di lavorare influisce su entrambi gli obiettivi.

Nel 1985 quattro giornalisti hanno fondato a Montpellier una organizzazione internazionale che è in prima linea nella difesa e per la promozione della libertà di informazione, Reporter Senza Frontiere.

Nel 1995 è stata riconosciuta ufficialmente in Francia ed ha la sua sede internazionale a Parigi, mantenendo sei sue sezioni in Germania, Austria, Spagna, Finlandia, Svezia e Svizzera, con 115 corrispondenti in tutto il mondo.

Ha un ruolo consultivo presso l’ONU, l’UNESCO ed il Consiglio d’Europa.

Sul loro sito si legge che: ”…RSF difende il diritto di ogni essere umano ad avere accesso a informazioni libere e affidabili…questo diritto è essenziale per conoscere, comprendere, formarsi un’opinione e agire su questioni vitali in piena consapevolezza, sia individualmente che collettivamente. La nostra missione è Agire per la libertà, il pluralismo e l’indipendenza del giornalismo e difendere coloro che incarnano questi ideali…. nello spirito dell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e delle principali dichiarazioni e carte relative all’etica giornalistica, in particolare la Dichiarazione di Monaco dei doveri e dei diritti dei giornalisti.”

Ogni anno RSF produce e pubblica una ricerca denominata  World Press Freedom Index che  misura lo stato del giornalismo e il suo stato di libertà di stampa in 180 paesi. La statistica è stata realizzata grazie alle interviste rilasciate da cronisti in forma anonima.

In questa classifica annuale l’Italia è sprofondata alla 58esima posizione, era al 41esimo posto nel 2020 e nel 2021. E’ stata superata anche da Gambia e Suriname.

La principale novità rispetto agli anni scorsi è rappresentata dal fenomeno dell’autocensura ammessa da diversi giornalisti.

Le cause dichiarate sono state la necessità di conformarsi alla linea editoriale della propria testata giornalistica, o per evitare denunce per diffamazione, o per la paura di rappresaglia da parte di gruppi estremisti e della criminalità organizzata.

Dal rapporto emerge anche un freno su progetti di legge che dovrebbero meglio tutelare l’attività giornalistica circoscrivendo il reato di diffamazione a mezzo stampa dell’art. 595 del codice penale, e che dovrebbero rendere meno difficile per i media l’accesso ai dati in possesso dello Stato.

Questi ultimi due anni sono la riprova della enorme difficoltà ad accedere a dati che hanno determinato e profondamente segnato la vita privata di milioni di persone nel mondo.

Il WPFI ha messo in evidenza che la grossa crisi italiana ha creato una dipendenza dei media dal denaro provenienti dagli introiti pubblicitari e da sussidi governativi, anche tenendo conto della crisi della carta stampata e del suo graduale calo delle vendite.

Il rapporto descrive inoltre della polarizzazione di alcuni giornalisti  da parte di una opinione pubblica che contesta in maniera convinta e determinata le decisioni dei governi di questi ultimi due anni mal sopportando un certo modo di dare l’informazione nel totale disprezzo delle regole deontologiche e di correttezza professionale.

Nella classifica sulla libertà di stampa la Norvegia, la Danimarca e la Svezia sono ai primi posti. La Germania perde alcune posizioni scendendo al 16esimo posto, Il Regno unito sale dal 33esimo al 24esimo gradino, la Russia è al 155esimo posto ed ultimi sono Eritrea,  Iran e   Corea del Nord.

L’organizzazione Reporter Senza Frontiere fa luce inoltre sugli abusi perpetrati a danni di giornalisti ed operatori dei media.

Nel 2021 ad oggi sono stati imprigionati 65 giornalisti e 2 operatori dei media, e sono stati uccisi 77 giornalisti e 2 operatori dei media, di essi sono morti 15 in Messico, 7 in Ucraina e 6 in Afghanistan.

E’ sempre più difficile garantire il disposto del nostro articolo 21: “…tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione….la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure…”

dott. Carlo Ceresoli

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