Il Cavallo di Troia …nel cervello

Il Cavallo di Troia …nel cervello

E’ una guerra che dura da troppo tempo, da una vita.
Ci vuole una soluzione, magari un trucco, uno stratagemma.
L’obiettivo è entrare per impadronirsi di tutto, portare via ogni proprietà, ogni avere, ogni possedimento. E rendere così tutti schiavi ed esibire il potere sulle altre città, sugli altri territori, sulle altre persone. Per diventare i padroni del mondo conosciuto.
La leggenda narra che Epeo, portatore d’acqua del re e mediocre soldato, avesse avuto l’idea del cavallo di legno dalla dea Atena, per penetrare le difese troiane. E su impeto divino lo costruì ed egli stesso, insieme ad altri 34 soldati greci, vi si nascose essendo l’unico capace di far funzionare la botola celata.
Però è necessario distrarre l’attenzione delle genti assediate e la gran parte degli assalitori fa finta di partire. Finalmente, l’assedio non c’è più, la guerra è finita, gridano.
Ma i troiani non si fidano, non capiscono cosa significa quel cavallo di legno davanti alle porte della città, a cosa serve.
Il popolo si divide, ‘…portiamolo dentro è un dono degli dei….nooo non possiamo fidarci dei greci conquistatori’.
Laocoonte, guerriero troiano e sacerdote di Apollo, ammonisce i suoi concittadini più creduloni e scaglia una freccia verso il ligneo equino, di qualunque cosa si tratti non bisogna fidarsi degli dei anche se recano doni.
All’improvviso dalla spiaggia si manifesta Sinone, un giovane greco che, consegnandosi come prigioniero, racconta di essersi opposto al capo Ulisse e per questo è stato abbandonato come sacrificio agli dei perché avessero un tranquillo viaggio di ritorno.
Ad inganno si aggiunge inganno.
A chi gli chiede il significato dell’enorme cavallo lui risponde che è stato lasciato dai greci per ingraziarsi gli dei per l’offesa arrecata al loro tempio nella città a lungo assediata.
Inoltre il mostro di legno doveva essere grande per impedire che fosse portato all’interno della città, poiché in quel caso avrebbero avuto gli dei ostili al loro ritorno in patria.
Tanto bastò ai troiani che abbatterono le mura d’ingresso per portarvi dentro l’infame trappola.
Nulla potette Laocoonte poiché dal mare, su comando divino, uscirono due enormi serpenti dagli occhi infuocati, che strangolano lui e i suoi due figli che era corso a difendere.
Terribile…per fortuna è solo una leggenda, avvincente ma inventata.
Come è possibile, al giorno d’oggi, solo immaginare che un popolo intero possa farsi abbindolare in una maniera così palese.
Come si può pensare che nel nostro mondo civile ed evoluto possano esistere strumenti tanto ingannevoli da poter essere usati per sottomettere altri popoli alla volontà, per esempio, di pochi ricchi, finanche ricchissimi che bramano un potere assoluto, mondiale.
Invece noi, genti democratiche ed intelligenti, siamo fortunati. Possiamo contare su scoperte scientifiche ed invenzioni tecnologiche che vengono messe al nostro servizio, per migliorarci la vita, per curarci e destinarci ad una esistenza sana e senza malanni.
Certo, ci ammaliamo ancora, ma ci sono personaggi come l’inventore Elon Musk che garantisce di curare anche chi è costretto alla immobilità grazie ad un microchip impiantato direttamente nel cervello.
Che idea salubre e meravigliosa, come mai alcuno ci ha pensato prima.
Intanto, l’inventore della Neuralink, la startup fondata nel 2017 dal milionario Elon Musk con l’obiettivo di interfacciare il cervello umano alle macchine elettroniche con una connessione a banda larga, ha impiantato un microchip nel cervello di Gertrude, uno dei tre maialini oggetto dell’esperimento, riuscendo così ad osservare su uno schermo le reazioni cerebrali dell’animale.
Poi è stata la volta del macaco Pager che, col premio di un frullato, ha giocato al video-pingpong con un joystik e poi, una volta registrate le informazioni neuronali dei suoi movimenti ha continuato a giocare col pc collegato solo con la sua mente, in modalità wireless.
Non si ha notizia del vincitore.
Nel 2006 è toccato ad un uomo far parte dell’esperimento con tecnologia Braingate, ma il chip delle dimensioni di una monetina è ancora troppo invasivo e può danneggiare i tessuti umani.
Allora i tecnici del Brain Machine Interface stanno lavorando ad elettrodi ultra sottili e flessibili per non danneggiare i vasi sanguigni.
Il dispositivo che l’azienda sta sviluppando consiste in una minuscola sonda contenente più di 3.000 elettrodi attaccati a fili flessibili più sottili di un capello umano, in grado di monitorare l’attività di 1.000 neuroni cerebrali.
Ancor meglio stanno costruendo un robot specializzato ad impiantare questi fili elettrici ad ogni profondità del cervello umano perché sono convinti che con il progredire delle intelligenze artificiali l’essere umano finirà col perdere terreno e per questo bisogna pensare ad espandere le potenzialità del cervello facendolo lavorare in simbiosi con l’intelligenza artificiale.
Anzi, il professor Ari Benjamin dell’Università della Pennsylvania, ha dichiarato alla BBC News che: ‘…il vero ostacolo per la tecnologia potrebbe essere la pura complessità del cervello umano…’.
Qualcuno potrebbe non essere d’accordo, poiché è palese l’esistenza di alcuni ‘cervelli’ a cui un aiutino intelligente….finanche artificiale, non farebbe male.
Insomma bisogna fidarsi.
Farsi immettere nel corpo qualcosa di costruito da altri e credere che ci faccia bene, che ci serva a vivere meglio, sembra oggi la condizione umana più naturale.
Quindi, decidere di fidarsi deve essere una scelta libera che ognuno può prendere in piena autonomia e capacità di giudizio.
Quando si obbliga qualcuno a sopportare l’inserimento nel suo corpo di agenti artificiali creati con un obiettivo preciso, più o meno condiviso, si alimenta il dubbio che ciò possa accadere con uno scopo diverso e che l’innesto sia solo strumentale.
E se l’elemento artificiale, inserito nel proprio corpo in maniera forzata, può addirittura essere sotto il controllo di altre persone, allora è legittimo ritenere ‘quis custodiet ipsos custodes’ chi controlla i controllori? lo aveva già capito il poeta romano Giovenale nel I secolo d. c.
Allora forse ha ragione Aristotele, il grande filosofo greco vissuto nel IV secolo a.c., che distingueva i concetti di sapienza e di saggezza, quest’ultima la phronesis, è ‘…una disposizione vera, accompagnata da ragionamento, che dirige l’agire e concerne le cose che per l’uomo sono buone e cattive…Colui che pratica la phronesis, conciliando saggezza e vita pratica, sarà anche in grado di bene operare nella vita politica…’.
La buona politica si fonda sulla saggia prudenza, non è prudente né saggio decidere oggi azioni che potrebbero danneggiare le generazioni future, a cominciare dai nostri figli e nipoti.

Carlo Ceresoli

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