Il futuro dell’automobile e dell’umanità

Il futuro dell’automobile e dell’umanità

Tiene banco ormai da molto in Europa la discussione sulla messa al bando entro il 2035 di alcuni tipi di motori endotermici per alcune case produttive. Evitiamo insidie e complessità della fitta selva di classificazioni tecniche, di suddetti motori. Ragioniamo su alcuni dati globali, considerazioni olistiche o di insieme a massima panoramica possibile. Ha senso imporre una non programmata rivoluzione totale del settore automotive che ha un indotto tale da essere l’ossatura dell’economia in Europa, senza coordinarsi con le omologhe politiche del resto del pianeta? Sarebbe un colossale auto-reset, che affosserebbe noi sacrificabili miopi europei, mentre altri Paesi con popolazioni e pil a 9 zeri ancora progettano e costruiscono decine di centrali a carbone. Una certa stampa vicino all’elite di Davos motiva questa bramosia green con lo spauracchio della Co2; ma come vedremo, una simile rivoluzione è impossibile e ne causerebbe addirittura una maggiore produzione insieme ad un colossale consumo di risorse non rinnovabili. La Co2 demonizzata è sì un gas serra, ma permette la fotosintesi clorofilliana ed è alla base del ciclo del carbonio e della chimica organica, quindi senza Co2 la vita sul pianeta si spegne. Sulla Terra circolano 1,3 miliardi di autoveicoli, di cui 250 milioni in Europa con una vita media di 12,5 anni. In media per costruire una nuova utilitaria servono 100 barili di petrolio, tra energia necessaria in catena di montaggio e componenti a basi plastiche sempre derivate del petrolio. Questo dato non considera l’energia necessaria per l’estrazione e raffinazione dei minerali necessari da cui si ricavano: ferro, acciaio, alluminio, rame, fino al platino per i catalizzatori etc; stesso discorso vale per tutti i semilavorati e componenti, (in media un autoveicolo endotermico ha circa 3000 pezzi con un indotto industriale che supera in alcuni Stati il 30% del PIL). Il numero fondamentale per comprendere l’orizzonte temporale di questi motori è la scorta mondiale residua di petrolio: stimata tra 1000 e 1800 miliardi di barili. Considerato il consumo annuo (per semplicità costante) di 40 miliardi anno di barili, si ottiene un intervallo che va tra 25 e 45 anni. Alcune stime sul gas fossile ci dicono che ne avremo fino a fine secolo; quindi è ora di iniziare a riflettere su come prepararci alla transizione senza autodistruggere né ambiente, né economia. Quindi vietati o esauriti, i combustibili fossili e le  loro tecnologie indotte, certamente stanno per essere archiviati. Credere che i combustibili artificiali derivanti da agricoltura tipo “ecodiesel” possano garantire i giusti consumi per una domanda futura, è utopico per vari motivi. Il più insormontabile è la necessità di concimare le colture per produrre i biocarburanti con prodotti di derivazione dalla chimica del petrolio. Finito il petrolio l’umanità avrà enormi problemi per concimi e diserbanti; grazie ai quali oggi si mantiene alta la produzione degli alimenti, (senza considerare effetti sulla loro qualità, vedi glifosato ormai onnipresente). Il quadro demografico ci dipinge oltre i 12 miliardi nel 2050 e pensare di usare le nostre ultime risorse per biocarburanti da autoveicoli, potrebbe significare scegliere tra avere il pieno nel serbatoio di pochi ricchi e il vuoto nei frigoriferi del resto dell’umanità. Le tensioni sociali, economiche e internazionali  sarebbero inimmaginabili. Se chi comanda ora ci porterà in un’economia circolare, allora tutti questi dati saranno da rivalutare, purtroppo oggi restiamo inchiodati in un’economia lineare che distrugge e rende scarse le risorse vitali e precarie le vite di miliardi di umani. Il motore elettrico, il primo nel 1800 ad essere usato su autoveicoli, ha i suoi vantaggi: rendimento elevato, coppia grande e regolare, vibrazioni bassissime, silenziosità, durata, semplicità; ma ha svantaggi poco celebrati che lo rendono (oggi per la produzione di massa) quasi peggiore di quello endotermico. Svantaggi auto elettriche: stesse fonti primarie energetiche, costi quasi tripli a parità di potenza, costo unitario di percorrenza per km/kwatt elettrico simile ai motori endotermici, scomoda programmazione dei tempi di ricariche, necessità di batterie costose, fragili, non esenti da rischio elettrico, tempo variabili, composte con minerali rari, che richiedono una riprogettazione della rete elettrica europea e della politica energetica, controllabilità da remoto dei software di funzionamento dalle case madri. Anche eolico, fotovoltaico, geotermico, mareale, o fusione “pulita”, sono fonti non ad impatto nullo sia in termini di inquinamento che necessità di risorse in fase di costruzione; certamente sono una strada, ma vanno correttamente pianificate ed introdotte gradualmente sempre insieme ad altre opzioni di politiche energetiche che integrino uomo, ambiente e innovazione tecnica. Pensare di sostituire 250 milioni di autoveicoli in 10 anni, significa produrre un inquinamento concentrato in pochi anni equivalente a quello di 25 miliardi di barili di petrolio e distruzione-esaurimento delle relative aree da cui si estraggono minerali sia convenzionali che terre rare. Tralascio considerazioni sulle epiche risorse finanziarie necessarie per la transizione endotermico-elettrico in un momento tutt’altro che florido del settore. I minerali per le batterie sono detenuti in grandi giacimenti di Africa, Russia e Asia; la corsa a questo ipotetico sfruttamento indurrebbe tensioni geopolitiche con ripercussioni imprevedibili, sicuramente l’era del Sud del pianeta come miniera low cost del Nord è terminata, cancellando facili sogni di neocolonialismo perpetuo. Nella migliore delle ipotesi, se si volesse seguire questa folle politica Europea, i prezzi per i materiali sarebbero proibitivi e la rivoluzione della logistica delle reti necessaria mastodontica e insostenibile. Tutto ciò smaschera i piani proni di Bruxelles: la verità è che con le tecnologie attuali (senza rivoluzioni tecniche nelle batterie e nei costi) si mira ad una mobilità futura d’élite, con pochissimi milioni di autoveicoli elettrici che (vista l’inflazione attuale) tra 10 anni arriverebbero a costare circa 100.000€ l’uno. Come se ne esce: in bici o a piedi? C’è bisogno di riprogettare l’intera civiltà umana. Non è né possibile, né sostenibile, né immaginabile che tra un secolo sul pianeta esistano 15 miliardi di autoveicoli da sostituire ogni 15 anni, magari elettrici con pile inesauribili (vedi pile all’uranio). Questa è utopia e follia: le batterie si ricaricano, ma le nostre miniere già sotto pressione non si ricaricano ogni 15 anni! Chi restringe la visuale ad un manicheo elettrico vs endotermico, non vuole che scopriamo la verità: si può vivere ed essere felici anche senza 2 o 4 ruote sotto il sedere, i piedi li teniamo ancora. L’uomo è una macchina per camminare, quando si passeggia l’80% del nostro cervello si attiva e viceversa, perciò ci vogliono seduti a ore nel traffico. Passiamo in media 2 ore al giorno in auto e spendiamo il 30% delle risorse e ciò che guadagniamo per comprare la scatoletta e il carburante con cui andiamo a lavorare, per avere soldi con cui alimentare la folle inversione tra fine della vita e dell’economia. Non possiamo più accettare di sprecare le nostre vite per le visioni folli dei guru della dis-economia e della usuro-finanza, in via di fossilizzazione. Questi guru-stregoni ormai vivono con l’unico obiettivo di creare necessità false, vitali per il loro controllo sulle masse, ma mortali per noi è le nostre esigenze esistenziali. Le nostre vite, abitudini e società (soprattutto quelle dei Paesi in via di sviluppo da costruire ex novo) vanno rivoluzionate, ma secondo principi nuovi ed ora è possibile. Nel 1490 Leonardo Da Vinci si pose il problema di una città ideale. Ebbene quella visione oggi ispira il modello di una città senza incroci, con strade distribuite come i raggi di un cerchio di una bici, con gli edifici pubblici funzionali al centro e case-fattorie monofamiliari in periferia. In una simile comunità-cellula, col diametro di 3 km, non servirebbero mezzi di trasporto, a piedi si raggiungerebbe in 7 minuti ogni suo punto. Basterebbe con adeguata programmazione e materiali biocompatibili, creare poi una società che sia alveare di un numero ripetuto ad libitum di tale cellula standard. Questo è un progetto mastodontico non solo didattico, ma se l’umanità vuole smettere di sentirsi libera solo perché ha uno sterzo ammanettato ai polsi che la rende cieca del cannone puntato in fronte; allora la strada di politici onesti con una visuale non miope né prona, dovrà essere simile a questa. Per questi storici tempi l’accoppiata “politici onesti” è ossimoro troppo inflazionato, ma con le ore contate. Purtroppo in Europa sognano un’auto per pochi, o per molti da schiavizzare e all’occorrenza da lasciare a piedi, magari minacciando un blocco governativo via software a chi vorrebbe andare in piazza a protestare o da qualsiasi parte a respirare una libertà, che proprio così ci è tolta all’origine.
La nostra sarà civiltà il momento in cui per spostarsi nel tempo e nello spazio, nessuno per schiavizzarci ci priverà di tempo e spazio.
Accadrà presto, a volte il futuro è già qui.

Diceva mia nonna: <… Cammina che arrivi…>.

Ing meccanico Vincenzo Santoro Lungimirante

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