La Trappola della Consulta

La Trappola della Consulta

La Corte Costituzionale è l’organo istituzionale al quale ci si rivolge quando si ritiene che una legge abbia connotazioni contrarie al disposto della Costituzione, madre di tutti i provvedimenti nazionali.

Anche se c’è da rilevare che esiste un controsenso: delle 14.710 pronunce della Consulta in ordine a dispositivi legislativi statali, ben 2.102 sentenze contengono un giudizio di illegittimità costituzionale, questo vuol dire che il presidente della Repubblica di turno, che nomina un terzo dei giudici della Corte, ha firmato, nel rispetto del suo compito di  promulgazione, 2.102 norme che sono state ritenute poi illegittime dagli stessi giudici da lui nominati.

Qualcuno potrà obiettare che la Consulta, che si chiama così perché ha sede nel Palazzo della Consulta dal 1955, esiste proprio per riparare ad errori o a valutazioni sbagliate dei precedenti giudici coinvolti e finanche al giudizio del presidente della Repubblica che ha promulgato  quella legge incautamente.

In fondo, restiamo sempre degli esseri umani e non viviamo in un mondo ideale ma reale e sostanziale.

Quindi anche i magnifici quindici possono adottare una valutazione sbagliata.

E lo sa anche l’attuale presidente della nostra Repubblica, che dal 2011 e fino alla sua elezione a capo dello Stato nel 2015, è stato uno dei giudici della Corte Costituzionale.

Ma allora, cosa si fa in questi casi? Niente! Deve esistere la certezza del diritto per cui, ad un certo punto, il caso deve ritenersi chiuso.

Infatti secondo una parte della dottrina giuridica, la Consulta non può adottare valutazioni di tipo politico ma si ferma al merito della questione posta, ciò perché si ritiene che non debba sconfinare nelle prerogative del legislatore.

Qualcuno potrà obiettare che questo rapporto ideale tra i poteri dello Stato ed il ruolo della Corte Costituzionale può diventare coincidente in presenza di una serie di giudizi palesemente ingiusti e sbagliati da entrambe  le parti.

Allora, la certezza del diritto, dove è finita?

Qualcuno potrà obiettare, a me questo che obietta sempre mi sta scocciando, che in questo caso siamo difronte ad un complotto strategico.

Avesse ragione questo obiettore?

Ormai siamo arrivati al terzo anno in cui le televisioni ed i giornali destinano almeno la metà della loro informazione alla pandemia di covid 19.

I provvedimenti adottati fino ad ora, tanto discussi e contestati da milioni di persone che sono scese in piazza e dai tanti che hanno fatto ricorso alla giustizia, sono stati oggetto di dubbio costituzionale dai tribunali di Brescia, Catania, Padova, il Tar della Lombardia ed il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia.

In particolare è stato chiesto il parere di legittimità costituzionale riguardo i dettami del Decreto Legge n°44/2021 e del D.L. n°24/2022 che istituiscono l’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari e scolastici, pena la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, obbligo previsto fino al 31 dicembre di questo anno ma già cancellato dall’attuale governo il 1° novembre scorso.

Sappiamo tutti come è finita: la Consulta ha ritenuto inammissibile che gli esercenti le professioni sanitarie possano svolgere il loro lavoro senza aver adempiuto agli obblighi vaccinali.

Di conseguenza sono state ritenute ragionevoli e proporzionate le scelte del governo sull’obbligo vaccinale adottate in periodo di pandemia.

La Corte ha escluso infine un assegno alimentare a carico del datore di lavoro per chi sia stato sospeso.

Qualcuno potrà obiettare, a ridaglié, che la decisione era già scontata poiché accogliere i ricorsi avrebbe significato la messa in croce dei governi interessati e finanche del presidente della Repubblica che ha firmato i provvedimenti. Senza contare poi, il fiume di ricorsi per risarcimento dei danni messi in atto dai lavoratori danneggiati e da chiunque si fosse sentito umiliato e vilipeso nei suoi diritti naturali e fondamentali.

Per fortuna non tutto è perduto. Infatti  c’è chi ritiene che questo pronunciamento offra finalmente la possibilità di costruire il ricorso su due questioni che i quindici giudici hanno presupposto.

La prima riguarda la dichiarazione di “periodo pandemico” che avrebbe giustificato l’azione emergenziale dei governi, la seconda è relativa alla negazione di un assegno alimentare di sostentamento che invece viene garantito dalla norma statale a chiunque commetta delitti anche efferati.

Nella fattispecie, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha sede a Ginevra in Svizzera, l’11 marzo 2020 ha dichiarato che l’epidemia di covid 19 deve essere considerata una pandemia poiché la diffusione globale dell’infezione da sars.cov.2 è un tale evento straordinario, grave, improvviso ed insolito che può costituire una minaccia sanitaria per tutti i 194 Stati membri.

E’ proprio qui il punto dirimente: se la dichiarazione di pandemia si è fondata su dati ed informazioni scientificamente falsi e non validi allora tutta la normazione conseguente va ritenuta invalida ed infondata.

Alla luce delle informazioni e delle rivelazioni di questi ultimi due anni è emerso che il virus sars-cov-2 che produce la malattia covid-19, è stato prodotto in laboratorio, poteva essere curato con banali farmaci antinfiammatori e antibiotici già in uso da decenni, la positività alla malattia è stata diagnosticata con una procedura PCR (Reazione a Catena della Polimerasi Inversa) dichiarata non idonea dal suo stesso inventore Kary Mullis, biochimico statunitense vincitore del premio Nobel nel 1993 purtroppo morto nel 2019, il quale ha affermato che questo test non può essere usato per diagnosticare le malattie infettive.

Se è su queste basi scientifiche che si è basata tutta la narrazione del periodo pandemico, delle restrizioni in casa, dell’obbligo di inoculazione di un siero sperimentale mai testato per verificare la tollerabilità e l’efficacia, delle sospensioni dal lavoro e dalla retribuzione, allora ne vedremo ancora delle belle!

Carlo Ceresoli

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