Julian Assange, storia di una persecuzione

Julian Assange, storia di una persecuzione

 E’ nato in Australia, il 3 luglio compirà 51 anni, i genitori sono attivisti politici e attori teatrali sempre in giro per lavoro. Per questo motivo il piccolo Julian non è andato a scuola ma si è formato nelle varie biblioteche cittadine.

Diventa un esperto informatico ed a 19 anni entra a far parte del gruppo di hackers “Sovversivi Internazionali”.

Deve ancora compiere 20 anni e la polizia federale australiana irrompe in casa sua con l’accusa di essersi infiltrato nel sistema informatico dell’università australiana e del dipartimento della difesa americano. Nel 1992 è condannato per 24 reati di pirateria informatica, paga una multa di 2100 dollari australiani e torna in libertà.

Negli anni successivi scrive di programmi d’informatica e studia fisica, matematica, filosofia e neuroscienze senza però conseguire la laurea.

Nel 2006 crea WikiLeaks, tradotto dall’inglese in  “fuga di notizie”, una organizzazione internazionale senza scopo di lucro che riceve in modo anonimo da whistleblowers documenti anche coperti da segreto di carattere governativo o aziendale e poi li carica sul proprio sito web. La ‘mission’ è quella della trasparenza da parte dei governi a garanzia della giustizia e della migliore democrazia.

Nel 2010, il giovane informatico hacker americano Adrian Lamo denuncia di aver ricevuto,  in una conversazione via chat, delle rivelazioni da parte dell’ex militare americano ‘analista di intelligence’  Bradley Edward Manning successivamente diventata Chelsea Elizabeth Manning. La Manning rivelava di essere entrata in possesso di decine di migliaia di documenti riservati e di averli inviati a  WikiLeaks.

Nel 2013 Chelsea Manning viene condannata a 35 anni di carcere. Con l’intervento di commutazione della pena del presidente Barach Obama e dopo averne scontati meno di dieci, è tornata in libertà.

L’hacker informatico invece Adrian Lamo, è stato trovato morto in un appartamento in Kansas. L’autopsia non è riuscita a determinare le cause del decesso. Aveva solo 37 anni.

La documentazione riservata e segreta fatta pervenire a Julian Assange, redattore capo di  WikiLeaks, comprendeva notizie sui bombardamenti nello Yemen, sulla corruzione nel mondo arabo, sulle esecuzioni extragiudiziarie da parte della polizia keniota, sulla rivolta tibetana in Cina del 2008, sullo scandalo petrolifero in Perù e le e-mail del governo turco dopo le ‘purghe’ del governo Erdogan in seguito al fallito golpe nel 2016.

Ma le informazioni che portarono Assange all’attenzione internazionale sono quelle consegnate dalla Manning nel 2010 e rese pubbliche dai quotidiani New York Times e The Guardian e dal settimanale tedesco Der Spiegel. Queste notizie comprendevano un video denominato ‘Collateral Murder – Uccisione Collaterale’ dell’aprile 2010 che mostra l’assassinio di civili in Iraq da parte di soldati americani da un elicottero, poi i ‘Diari della guerra in Afghanistan’  del luglio 2010, i ‘Diari della guerra in Iraq’ ottobre 2010 e CableGate novembre 2010, oltre a 251mila documenti diplomatici statunitensi segnati come ‘confidenziali’ o ‘segreti’.

Il giorno dopo la pubblicazione,  la polizia federale australiana avvia una indagine su  WikiLeaks,  su impulso del procuratore generale  Robert McClelland.

Inaspettatamente però è il tribunale di Stoccolma, il 18 novembre 2010 a spiccare un mandato d’arresto in contumacia nei suoi confronti con l’accusa di stupro e molestie.

Il reato contestatogli sarebbe quello di aver avuto rapporti sessuali non protetti, seppur consenzienti, con due donne,  e di essersi successivamente rifiutato di sottoporsi a un controllo medico sulle malattie sessualmente trasmissibili, condotta considerata criminosa dalla legge svedese.

Il 7 dicembre 2010 Assange si presenta spontaneamente negli uffici della polizia inglese e viene arrestato in seguito al mandato di cattura europeo. Lo stesso giorno, il tribunale respinge la richiesta di libertà provvisoria su cauzione appoggiata da diverse personalità del cinema e del giornalismo.

Nel frattempo la Svezia presenta una richiesta di estradizione alle autorità britanniche: secondo alcune fonti, tale richiesta sarebbe finalizzata ad estradarlo in realtà negli Stati Uniti dove lo attende un processo per spionaggio.

Il 16 dicembre, dopo nove giorni di carcere, Assange viene rilasciato su cauzione.

Il 2 novembre 2011 l’Alta corte di Londra dà il via libera all’estradizione richiesta dalla Svezia.

Nel giugno 2012 la Corte Suprema britannica rigetta il ricorso presentato contro il via libera all’estradizione ed Assange sceglie di recarsi presso l’Ambasciata dell’Ecuador a Londra, chiedendo asilo come perseguitato politico.

Il 16 agosto 2012 il presidente socialista Rafael Correa Delgado concede lo status di rifugiato politico ad Assange.

Il 19 maggio 2017 la procura svedese archivia l’accusa di stupro, che andrà poi prescritta nel 2020.

L’11 gennaio 2018 l’Ecuador rende noto d’aver concesso ad Assange la cittadinanza Ecuadoriana.

Una serie di controversie con il nuovo presidente dell’Ecuador Lenin Moreno determinano repentinamente una inusuale revoca dell’asilo politico.

La mattina dell’11 aprile 2019 il nuovo ambasciatore dell’Ecuador consente agli agenti della polizia londinesi di entrare in Ambasciata e prelevare Assange contro la sua volontà, senza tener conto  che egli era in possesso della cittadinanza ecuadoriana.

Trascinato a forza fuori dall’Ambasciata,  è stato  condotto  nel carcere di massima sicurezza di  Belmarsh, detta la ‘Guantanamo britannica’.

Il 1º maggio 2019, Assange è condannato quasi al massimo della pena dal Giudice Deborah Taylor della Westminster Court, 50 settimane (la metà in prigione e il resto in libertà condizionata.

Il 12 maggio la Svezia riapre il caso per le presunte molestie sessuali a carico di Julian Assange e il 20 maggio ne chiede l’estradizione, tuttavia il successivo 19 novembre l’inchiesta fu nuovamente archiviata poiché gli elementi non furono ritenuti abbastanza forti per formulare un’incriminazione.

Il 23 maggio 2019 il governo statunitense accusò ulteriormente Assange della violazione dell’Espionage Act, legge risalente al 1917. Questa decisione fu criticata da redattori di alcuni giornali, tra cui The Washington Post e The New York Times.

Il 30 maggio Assange non comparve in videolink all’udienza per l’estradizione negli USA in quanto “troppo malato”.

Lo svizzero Nils Melzer, relatore all’ ONU sulla tortura e trattamenti inumani,  preoccupato per la possibile estradizione  in USA di Assange, dove rischia 175 anni di carcere e finanche la pena di morte, ha esortato i quattro governi di Australia, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia, coinvolti nella vicenda giudiziaria, ad astenersi da ulteriori dichiarazioni o atti pregiudizievoli per i diritti umani di Assange e ad adottare misure per fornirgli un risarcimento e una riabilitazione appropriati.

1700 giornalisti di 107 nazioni hanno creato la petizione ‘Speak up for Assange’, chiedendone la liberazione da parte del Regno Unito, asserendo che il reale motivo per cui rischia d’essere perseguito è il fatto di aver meritoriamente portato alla luce dei crimini di guerra e che il punirlo per tali azioni sarebbe un grave precedente per la libertà di stampa, inoltre Assange è vittima della violazione dei diritti umani a causa dei tentativi di persecuzione in atto.

Nel gennaio 2021 il tribunale distrettuale britannico nega la richiesta di estradizione da parte degli Usa per Assange a causa delle sue condizioni mentali: il regime di isolamento al quale sarebbe sottoposto negli Stati Uniti potrebbe portarlo al suicidio vista la sua depressione clinica.

Ma il 20 aprile 2022 il tribunale di Londra autorizza formalmente l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti.

Questo è il tempo in cui le libertà sono in balia dei potenti, che hanno perso il senso dell’umanità ed il rispetto per la verità.

Il mondo non sa che a Julian Assange sono stati assegnati innumerevoli premi giornalistici  tra cui Il Premio Sam Adams nel 2010; il Premio Dacia Libera nel 2011,  il Premio Walkley nel 2011, il  Premio per il Giornalismo Martha Gellhorn nel 2011, il Premio Voltaire per la libertà di parola nel 2011, il  Primo premio dell’Unione dei giornalisti del Kazakistan nel 2014, il  Premio Gavin MacFadyen, il Premio Galizia e il Premio per la pace di Stoccarda nel 2019; oltre ai tanti riconoscimenti come: Persona dell’anno per i lettori del TIME e per i lettori de LE MONDE nel 2010;  nel 2008  The Economist New Media Award, Amnesty International UK Media Awards nel 2009,  Medaglia d’oro della Fondazione Sidney Peace nel 2011,  Global Exchange Human Rights Award e Medaglia d’argento al Festival di New York nel 2013.

Il mondo lo ha conosciuto per le sua vita perseguitata dalla “politica inquisizione”.

Ma a pensarci bene la sua storia è lo specchio del nostro tempo dove i soprusi e gli abusi dei potenti sono all’ordine del giorno ma faticosamente si leggono solo sui pochi mezzi d’informazione liberi e indipendenti.

Cambierà…tutto questo cambierà.

Carlo Ceresoli

 

 

 

 

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