A che punto siamo con “L’internet delle cose” Inchiesta sul 5G

A che punto siamo con “L’internet delle cose” Inchiesta sul 5G

Ho un’idea per una vostra pubblicità. Si potrebbe mettere un falegname che costruisce una sedia, poi ci mettete uno dei vostri robot che la fa più bella in metà del tempo…”, lo diceva il detective Spooner nel film di fantascienza “Io Robot” del 2004, tre lustri fa.

Ciò che 15 anni fa era fantascienza oggi  appare una realtà che con disinvoltura ci incuriosisce   e ci attrae. La possibilità di dotare di una intelligenza artificiale, con un software dedicato, ogni frigorifero, lavatrice, tapparelle di finestre, antifurti, pompa da giardino, caffettiera ed ogni altro oggetto di uso comune, utilizzando anche solo il telefono  cellulare e magari restando a chilometri di distanza, oggi sembra tecnicamente possibile.

Perché questo miracolo tecnologico si realizzi c’è però bisogno di una infrastruttura virtuale di quinta generazione, il 5G per l’appunto, che ha bisogno di un maggior sfruttamento dello spettro delle frequenze radio, in modo da consentire a più apparecchi di accedere contemporaneamente e in modo più efficace a Internet.

Sarebbe consentita in breve tempo  la trasmissione di dati molto più rapidamente, e a un numero maggiore di utenti,  con una copertura più vasta del territorio e una connessione più stabile. Nel medio periodo ne trarrebbero benefici  settori come l’industria o la domotica,  finanche gli ospedali  o la difesa.

Per questo non sorprende che grandi aziende come Fastweb insieme al Coni e poi Tim  e Vodafone si siano lanciati in una campagna pubblicitaria in favore del 5G senza indugi e freni inibitori.

Ma come ricorda il noto proverbio italiano …non è tutto oro ciò che riluce…, qualche nube appare all’orizzonte. Il Copasir, Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, l’11 dicembre del 2019 ha approvato una relazione con cui si chiede al governo di valutare l’esclusione dei colossi cinesi della tecnologia Zte e Huawei dall’attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G.

Le preoccupazioni del comitato per la sicurezza nazionale sono motivate dalla  crescente presenza sul mercato italiano ed europeo di aziende cinesi, fornitrici di apparecchiature e servizi tecnologici, di cui non è certa la piena autonomia ed indipendenza rispetto alle autorità governative cinesi.

Secondo l’organo parlamentare di controllo sui servizi segreti,  in Cina specifiche disposizioni di legge, obbligano i cittadini e le imprese cinesi anche con sede all’estero,  a fornire assistenza e supporto all’intelligence e all’apparato militare cinese per tutelare la sicurezza e gli interessi nazionali.

Pertanto, insiste il copasir, risultano fondate le ipotesi di appropriazioni di dati sensibili alla sicurezza nazionale riguardo l’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G.

In proposito, il dott. Stefano Mele, docente di cybersecurity presso l’università Bocconi di Milano e presidente della Commissione Sicurezza Cibernetica del Comitato Atlantico Italiano, è convinto che tutto passerà sul 5G, l’Iot (Internet of things), domotica, trasporti, fabbriche, comunicazioni, per questo chi dominerà questo mercato, insieme a quello dell’intelligenza artificiale, avrà il potere della tecnologia del futuro.

Ad oggi la competizione è principalmente tra Cina e Stati Uniti.

Ma mentre negli USA eventuali sottrazioni di dati ed informazioni private ed esclusive sono denunciate dai   whistleblowers, giornalisti che fanno inchieste o dall’intervento dei giudici, come è successo nel “datagate”, in Cina questo non può accadere.

Il governo americano, nell’agosto 2018 e nel novembre 2019 ha emanato due atti di legge che escludono Huawei e Zte dalla fornitura di tecnologia per il 5G. Stessa cosa hanno fatto i governi dell’Australia, della Nuova Zelanda e del Giappone.

I paesi europei ed occidentali invece stanno ancora valutando quale decisione adottare ponderando i rischi  per la sicurezza nazionale ed i maggiori costi, stimati da Gsma, gruppo che rappresenta la grande maggioranza degli operatori delle telecomunicazioni, pari a 55 miliardi di euro qualora si decidesse di bandire la tecnologia cinese per il 5G.

Ma nel cielo ci sono altre nubi che ostacolano il 5G.

“L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) potrebbe elevare a ‘certo’ agente cancerogeno la connessione elettrosmog-salute…”, ad affermarlo è Maurizio Martucci portavoce dell’Alleanza Stop 5G ed autore del libro “Manuale di autodifesa per elettrosensibili…”. Sostiene le medesime preoccupazioni sui rischi per la salute riguardo la diffusione del 5G, la dott.ssa Fiorella Belpoggi direttrice e ricercatrice dell’Istituto Ramazzini di Bologna,  dedicato a Bernardino Ramazzini medico italiano del 17simo secolo ritenuto il padre della medicina del lavoro ed autore del primo trattato “De morbis artificum diatriba”, pare sia stato il primo ad affermare che: “prevenire è meglio che curare…”.

L’osservazione critica della dott.ssa Belpoggi si riferisce al fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) affidi alla associazione privata di Francoforte “INCIRP” la stesura delle linee guida internazionali sugli effetti delle radiazioni di onde elettromagnetiche.

A quanto dichiara esistono “…giganteschi conflitti d’interesse tra studiosi e aziende di telefonia…”, infatti sia Michael Repacholi fondatore di INCIRP e Guglielmo D’Inzeo suo rappresentante, hanno contratti di consulenza con aziende di telefonia, così anche Paolo Vecchia ex funzionario dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è ora consulente di Nokia, destinataria, l’azienda finlandese, con il Piano Juncker, di un finanziamento di 500 milioni di euro dalla Banca Europea per la ricerca e lo sviluppo del 5G.

Martucci rincara precisando che lo Stato Italiano ha introitato 6,5 miliardi di euro dalla vendita delle frequenze alle compagnie telefoniche per la diffusione del 5G e l’Unione Europea ha quantificato l’introito economico da qui al 2025 in 225 miliardi di euro per la tecnologia 5G.

Si calcola che nel mondo siano attivi 6,6 miliardi di telefonini e solo in Italia sono 60 milioni.

Nella riunione del Consiglio del  8 maggio 2018 l’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, con la delibera n° 231/18/Cons. “ Procedure per l’assegnazione e regole per l’utilizzo delle frequenze disponibili nelle bande 694-790 MHz, 3600-3800 MHz e 26.5-27.5 GHz per sistemi terrestri di comunicazioni elettroniche al fine di favorire la transizione verso la tecnologia 5G, ai sensi della legge n° 205 del 27/12/2017”, ha stilato l’elenco dei 120 comuni dove partirà la sperimentazione del 5G.

In Campania sono 5 i comuni scelti, tre in provincia di Caserta, 2 quelli di Avellino ed 1 in provincia di Salerno, si tratta di Montecorice comune del basso Cilento dove risiedono meno di tremila persone. Alla diffusione del contenuto della delibera che individua Montecorice per la sperimentazione del 5G, nel paese si è immediatamente proceduto ad una raccolta di firme per bloccare la decisione unilaterale del AgiCom.

Il 3 marzo del 2019 a Vicovaro alle porte di Roma si è svolto il primo meeting nazionale de “Alleanza Italiana Stop 5G” per chiedere al governo di approfondire la ricerca sull’argomento prima di emanare leggi specifiche.

La dott.ssa Belpoggi, durante un seminario di studi sui rischi del 5G, tenutosi a Mendrisio nel Canton Ticino in Svizzera il 26 giugno 2019, spiegava che gli studi portati avanti dall’Istituto Ramazzini che lei dirige hanno confermato il rischio di effetti nocivi per la esposizione alle onde elettromagnetiche delle antenne di telefonia mobile.

A medesime conclusioni è pervenuto l’americano “National Toxicology Program” gestito dal Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti.

Nove studi dal 2011  al 2017  confermerebbero “…aumento del rischio dei tumori del cervello, del nervo vestibolare e della ghiandola salivare associati all’uso del telefono cellulare…”, quattro studi dal 2013  al 2014 riportano un aumento del rischio di altri tumori, della mammella, testicolo, leucemia e tiroide.

Punto centrale della discussione è la quantità e la qualità delle onde elettromagnetiche necessarie per la efficace diffusione del segnale 5G. Queste necessitano del posizionamento di un numero maggiore di antenne distanti non più di 500mt l’una dall’altra, per consentire una irradiazione capillare che modificherebbe il campo magnetico terrestre, peraltro già condizionato, trasformando le onde non ionizzanti in onde ionizzanti capaci, queste ultime,  di spezzare i legami chimici e causare danni irreversibili soprattutto alle cellule gliali del sistema nervoso e del dna.

Ma a subire i danni a causa della diffusione del 5G sono tutti gli esseri viventi, compresi gli alberi, infatti il regista e blogger Massimo Mazzucco, in un sua inchiesta, sostiene che gli alberi limitano una efficace diffusione del segnale ed è per questo motivo che in numerose località italiane si sta procedendo al loro  taglio indiscriminato. A confermare la necessità dell’abbattimento degli alberi è anche un documento guida sulla implementazione del 5G in Inghilterra dal titolo “Ordnance Survey” dell’Ufficio Mappatura Inglese.

E’ in atto una diffusa petizione internazionale contro la messa in opera del 5G da parte di migliaia di scienziati ed esperti di tutto il mondo ed intanto diverse sono le sentenze dei giudici che condannano in base al nesso causale tra elettrosmog e cancro, tra queste nel 2017 il tribunale di Ivrea con sentenza confermata a gennaio 2020 dalla Corte di Appello di Torino, così i tribunali di Firenze e Verona ed il Tar del Lazio, inoltre il 13 marzo 2019 il Tribunale di Monza ha riconosciuto ad un dipendente di Linate e Malpensa la malattia professionale, per neurinoma del nervo acustico, causata dalla esposizione per 10 anni all’elettrosmog.

Sono sempre più pressanti le richieste di sospendere il progetto di diffusione del 5G in attesa di necessari approfondimenti scientifici con risultati inequivocabili ed intanto si auspica un posizione di prudenza da parte dei governi e delle aziende interessate.

Ma a tutt’oggi, la direzione presa dal  Governo Draghi è chiara, infatti con la nomina il 12 febbraio 2021 di Vittorio Colao a “Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale”, che è stato fino al 2018 amministratore delegato del gruppo Vodafone Europa,  e con la nomina del fisico Aldo Cingolani a “Ministro della transizione ecologica”, che si è dichiarato in favore di un ritorno alla produzione di energia con la fissione nucleare, nonostante l’esito dei referendum abrogativi del 1986 e del 2011, e che ha dichiarato che la terra è sovrappopolata poiché è progettata solo per 3 miliardi di persone, si aprono scenari di scontri ambientalisti e conflitti di interessi privati e pubblici molto preoccupanti.

Al secondo Stakeholder Forum 2022 della società per azioni Infrastrutture Wireless Italiane –INWIT-Gruppo Vodafone Tim, tenutosi a Roma il 3 maggio, il suo amministratore delegato Giovanni Ferigo ha dichiarato che l’Italia rimane tra i paesi meno sviluppati in termini di connessioni 5G, solo l’8%,  ciò nonostante, in questi ultimi due anni, siano istallate sul territorio italiano più di 23mila torri e 46mila ospitalità, cioè siti alternativi alle antenne di ricezione del 5G come tetti di palazzi, lampioni pubblici,  finanche tombini ed altre amenità chiamate small-cell, piccole antenne che emettono pochissimi watt e si adattano a qualsiasi contesto.

Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza provvedimento introdotto nell’ambito “Italia Domani” che fa parte di Next Generation EU, un progetto di rilancio economico dedicato agli stati membri, prevede l’utilizzo di 191,5 miliardi di euro di cui   6,71 miliardi sono destinati alle reti ultra veloci e 5G.

Per l’a. d. di INWIT non sono misure sufficienti per consentire la realizzazione veloce delle reti 5G,  ma è indispensabile l’adeguamento dei limiti di emissioni elettromagnetiche agli standard europei di 61V/m contro i 6V/m italiani sulle frequenze oltre i 2Ghz.

Secondo D.E.S.I. Indice Digitale delle Economie e delle Società, strumento introdotto dalla UE nel 2014 per monitorare lo stato di avanzamento dei singoli Stati rispetto alle politiche digitali, dal 2021 si è iniziato a coprire le prime zone abitate con le torri e le small-cell, ma è necessario che il pnrr finanzi maggiormente l’implementazione della rete 5G anche all’interno dei luoghi di maggiore frequentazione pubblica, come università, stazioni e luoghi di lavoro,  con sistemi DAS Distributed Antenna System, come è già successo  per la “nuvola” dell’architetto Fuksas in occasione del G20, e per il Comune di Sorrento.

Nei report di INWIT o di DESI non si legge un rigo sui possibili rischi di elettromagnetismo conseguenti alla rete 5G.

Questo articolo-inchiesta richiama il concetto di prudenza, che Aristotele definiva “phronesis”, che si fonda sulla saggezza pratica di evitare prudentemente di prendere decisioni su basi non certe, e  che potrebbero danneggiare le generazioni future, alle quali dobbiamo restituire questo mondo, che ci hanno lasciato in prestito, nelle migliori condizioni possibili di vivibilità.

Carlo Ceresoli

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