Paghiamo ancora i servizi pubblici?

Paghiamo ancora i servizi pubblici?

Sta girando sui social una locandina con su scritto: “Truffa di Stato” la più grande truffa della storia: paghi le tasse sui soldi che guadagni, le tasse sui soldi che spendi e le tasse sulle cose che acquisti e poi anche devi pagare le tasse sulle cose che possiedi, sulle quali hai pagato le tasse con i soldi precedentemente tassati”. Mi sono chiesto se è veramente così.

“Pagare le tasse sui soldi che guadagniamo”, in effetti chi guadagna fino a 28mila euro ha una trattenuta Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF in vigore dal 1974) del 23%, da 28mila a 50mila euro ha una trattenuta del 35% e a chi guadagna oltre 50mila euro viene operata una trattenuta del 43%. Il primo assunto è vero.

“Paghi le tasse sui soldi che spendi”, mi vengono in mente le transazioni finanziarie, i trasferimenti di proprietà, anche questo assunto è vero.

“Paghi le tasse sulle cose che acquisti”, quì è facile, l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA adottata nel 1968), le accise sul carburante, l’assunto è vero.

“Paghi le tasse sulle cose che possiedi”, questa poi è tanto semplice quanto odiata: il bollo auto e moto, il canone tv, erroneamente definito un abbonamento ma essendo coattivo è senz’altro un prelievo fiscale, l’Imposta Municipale Propria (IMU introdotta nel 2011) sulla casa, assunto tristemente vero. Beni di proprietà che ho acquistato pagando già  le tasse di cui sopra.

In verità queste descritte sono le “imposte” cioè quelle trattenute destinate alla fiscalità generale dello Stato come l’Assistenza Sociale, la Sanità e l’Istruzione.

Le “tasse” invece le paghiamo per avere quei servizi speciali come la raccolta dei rifiuti, il servizio idrico e fognario, il servizio di energia elettrica.

Per il  trasporto pubblico invece noi contribuiamo pagando una “tariffa”, cosa che succedeva anche con i servizi  sanitari prima che il D.Lgs. 502 del 1992, riforma del Ministro della Sanità De Lorenzo del Governo Giuliano Amato,  trasformasse le Unità Sanitarie Locali (USL)  in aziende (ASL) dotate di autonomia imprenditoriale preposte quindi a ricavare profitti.

Analizzando nel dettaglio su come contribuiamo alla fiscalità generale dello Stato nelle tre categorie Assistenza Sociale, Sanità e Istruzione, vediamo che in questi ultimi quattro anni non ci sono stati forti cambiamenti.

Ogni anno il finanziamento per la Sanità, regolato dal D.Lgs. 56 del 2000, proveniente dai trasferimenti delle Regioni, dall’IRPEF, dall’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) e dall’IVA è pari a circa 115 miliardi il 18/5% delle imposte, 1930€ per ogni cittadino.

Finanziare l’Assistenza Sociale (previdenza, indennità civile e di accompagnamento) costa 291 miliardi pari al 22,6%.

Per l’Istruzione occorrono 62 miliardi pari al 10% del gettito fiscale, 1000€ per ogni cittadino.

Su 59,8 milioni di italiani i contribuenti sono 41,5 milioni che versano ogni anno 173 miliardi circa di tasse.

23,7 milioni di italiani dichiarano al di sotto dei 20mila€, questi versano allo Stato 15 miliardi di IRPEF, ma costano  166,700 miliardi di euro all’anno, la differenza di 151,700 miliardi di euro la paga chi ha redditi più alti.

Dichiarano redditi da 20mila a 35mila euro il 12,3€ dei cittadini che versano di IRPEF 56,300 miliardi di euro con i quali riescono a soddisfare le loro spese di sanità e di istruzione ma non di assistenza sociale pari a 33,900 miliardi di euro.

Gli italiani che dichiarano da 35mila a 100mila euro sono quasi 5 milioni, versano 67,800 miliardi di IRPEF, costano 35 miliardi  e contribuiscono con 32,700 miliardi ai servizi per gli altri connazionali.

I contribuenti con redditi superiori ai 100mila€ sono 502mila, versano 33,700 miliardi di IRPEF, costano 3,500 miliardi e contribuiscono per 30,200 miliardi di euro al costo dei servizi per altri italiani.

A conti fatti il 13% dei contribuenti compensa le spese primarie del restante 87% della popolazione.

Al conto finale mancano ancora 70 miliardi che provengono da IRAP, IRES (Imposta sul Reddito delle Società) e imposta sostitutiva, e 49 miliardi provenienti da IVA e Accise sui carburanti.

Ma lo Stato ha anche altre spese pari  a circa 870 miliardi, relative ai comparti Sicurezza, Viabilità, Pubblica Amministrazione, Infrastrutture ed infine gli interessi sul debito.

Il deficit, cioè la spesa superiore agli introiti è di 29,3 miliardi di euro nell’anno 2019.

Il debito pubblico ammonta a 2730 miliardi, sono stati calcolati 100 miliardi di evasione fiscale e non è possibile una valutazione precisa della evasione sul  sommerso.

Il quadro economico e sociale appare disastroso ed in perdita costante, ma la domanda è: le spese dello Stato, che poi dovremmo dire decise dal governo di turno poiché lo Stato siamo noi cittadini, sono tutte giuste e legittime, cioè rispondono fedelmente ai criteri di buon andamento, di ragionevolezza e di legalità espressi dalla Costituzione Italiana, oppure esiste un fenomeno clientelare e corruttivo finanche nella Pubblica Amministrazione, o un problema di false dichiarazioni dei redditi e di mancato rilascio di fatture e scontrini fiscali molto esteso nel privato, o una sproporzione tra chi percepisce compensi mensili stratosferici rispetto agli stipendi ed ai salari da fame della maggior parte dei contribuenti? La risposta come la domanda è retorica: è proprio così!

Di conseguenza, visto che i servizi pubblici richiedono a noi cittadini , sotto forma di ticket o tariffa, costi sempre più elevati che spesso corrispondono ai costi richiesti dai professionisti privati, vedi il servizio pubblico sanitario, come vengono realmente utilizzati i prelievi fiscali di tasse e imposte?

Se non sono utilizzati per garantirci l’erogazione dei servizi pubblici che dobbiamo pagarci da noi allora: “…aridatece li soldi nostri…” .

Carlo Ceresoli

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