L’Italia cenerentola e la strega cattiva

L’Italia cenerentola e la strega cattiva

Ormai sappiamo tutti che, dopo la vittoria americana della seconda guerra mondiale, nel luglio del 1944 a Bretton Woods,  amena località  del New Hampshire nel New England degli USA, si decise il nuovo sistema monetario internazionale che doveva stabilizzare i cambi delle valute e regolare i tassi rispetto al dollaro che fu eletto moneta di riferimento ed unica moneta convertibile in oro, un’oncia d’oro valeva 35 dollari.

Per questi motivi furono istituiti Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), che aveva ed ha tuttora il compito di prestare soldi agli Stati a condizione che rispettino determinate condizioni,  e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo o Banca Mondiale.

Al FMI non tutti poterono aderire poiché ogni Stato per farne parte doveva versare una quota in oro ed una in valuta nazionale, su queste basi veniva stabilito il suo peso decisionale nella struttura finanziaria.

Inoltre il sistema che fu proposto dall’americano Dexter White e che prevalse su quello esposto dall’economista inglese Maynard Keynes, prevedeva un mercato libero da regole e da intromissioni statali nel quale però gli americani erano gli unici a stampare dollari, sviluppando la loro economia ed impoverendo quella degli altri paesi costretti a sottostare ad uno scambio dollaro-centrico.

Successe, però, che dopo la disastrosa guerra del Vietnam ed il conseguente aumento del debito americano, nell’agosto del 1971 il presidente Nixon dichiarò sospesa la convertibilità del dollaro in oro poiché nelle casse statunitensi, le risorse del prezioso metallo giallo  stavano esaurendosi.

Insomma …non si muove foglia che l’America non voglia…loro decidono il ritmo e tutti gli altri devono ballare.

Intanto già dal 1941 con il noto manifesto di Ventotene, l’esiliato Altiero Spinelli immagina una Europa libera ed unita.

Nel 1946, l’ex primo ministro britannico Winston Churchill parlò in un discorso  a Zurigo degli Stati Uniti d’Europa.

Nel maggio del 1950 il ministro degli esteri francese Robert Shuman presentò una proposta di Europa unita da regole economiche e nel 1951 nasce la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) con sei Paesi membri: Germania Ovest, Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Italia.

Nel marzo del 1957 con la Conferenza di Roma, questi sei Stati danno vita alla Comunità Economica Europea (CEE) ed alla Comunità Europea dell’Energia Atomica (EURATOM o CEEA).

Negli anni ’90, si chiude la guerra fredda tra gli Usa e la Unione Sovietica, quest’ultima si scioglie liberando i Paesi del blocco sovietico che diventano Paesi sovrani, nel 1989 cade il muro di Berlino e la Germania riunisce l’est e l’ovest.

Nel febbraio del 1992, visto questo sconvolgimento dell’assetto politico europeo, viene ufficialmente istituita l’Unione Europea (UE) con la firma del Trattato di Maastricht da parte dei paesi componenti che ormai erano diventati 12.

Il trattato stabilisce le regole di cooperazione economica e prevedeva l’adozione di una moneta unica entro il 1999 e la costituzione di una Banca Centrale Europea (BCE).

Nasce l’euro che oggi è la moneta adottata dai 27 Paesi membri della UE.

Gli USA, forti dell’alleanza sancita con l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) nell’aprile del 1949 con la firma del Patto Atlantico, nato con l’obiettivo di difendersi dall’ingerenza russa, non hanno ostacolato il processo di unificazione degli Stati europei perché così si evitava che la Federazione Russa potesse mettere le mani sull’Europa.

Ad oggi i Paesi aderenti alla NATO sono 30.

Questo preambolo cronologico e storico è necessario per capire il ruolo dell’Italia oggi nella UE.

Il trattato di Maastricht introducendo il principio di sussidiarietà ed istituendo la BCE ha privato i Paesi membri della UE della  loro sovranità legislativa e monetaria.

Questo però non ha impedito alla Francia ma soprattutto alla Germania di ricoprire un ruolo prevalente all’interno della UE.

Entrando nei dettagli possiamo verificare che il Meccanismo europeo di stabilità (MES) si è strutturato come organizzazione internazionale con un direttore tedesco tale Klaus Regling e nel consiglio di amministrazione ci sono altri tre tedeschi e due francesi…italiani? Nessuno. Alla presidenza della Commissione europea c’è un’altra tedesca la tristemente nota Ursula von der Leyen, direttore della Banca europea degli investimenti è il tedesco Werner Hoyer, presidente della BCE è anch’essa la tristemente nota Christine Lagarde francese, un altro francese Thierry Breton è il super-commissario all’industria.

In questo contesto di governement ( e non di governance) politico europeo è difficile immaginare che l’Italia possa contribuire in maniera decisiva al destino del popolo italiano, relegato oramai al mero ruolo di esecutore di ordini superiori.

  E’ da tempo che molti non credono più alla storiella del “non si deve lasciare alcuno indietro” e che  “è interesse dell’Europa che l’Italia sia un Paese forte ed affidabile”.

E’ indubbio che all’interno dell’Unione Europea è in atto, da tempo, una guerra economica e finanziaria a suon di direttive e regolamenti che, guarda un po’, finiscono col danneggiare puntualmente l’attività economica del tessuto produttivo italiano costituito per il 90%, o quel che resta, da piccole e medie imprese, molte a conduzione familiare.

Un chiaro esempio del tentativo di relegare l’Italia al ruolo di cenerentola vessata dalla matrigna cattiva è costituito dal pacchetto di norme proposto dalla UE finalizzato a promuovere la ristrutturazione degli edifici esistenti e la costruzione di nuovi edifici ad alta efficienza energetica, più noto come “direttiva casa green”.

Il primo voto sul testo in Commissione Industria  del  Parlamento europeo è atteso per il 9 febbraio 2023.

La direttiva fa parte del progetto “Fit for 55”  che ha l’obiettivo di ridurre del 55%, rispetto ai livelli del 1990,  l’emissione di anidride carbonica CO2 entro il 2030.

Entro il primo gennaio del 2030 tutti gli immobili dovranno rientrare nella classe energetica E, dopo tre anni sarà obbligatorio il passaggio alla classe D. Saranno i governi nazionali a decidere quali sanzioni applicare agli inadempienti.

Dagli obblighi comunitari sono esenti i palazzi storici protetti, le case vacanza, le abitazioni indipendenti con superficie inferiore ai 50 mtq,  le chiese e gli edifici di culto, questi possono continuare ad “Inquinare”.

Secondo l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), interessato dal provvedimento è il 60% del patrimonio nazionale, circa 9 milioni di immobili. La previsione è che le case di classe energetica G, a causa del deprezzamento del loro valore non potranno più essere vendute o locate e quindi saranno espulse dal mercato immobiliare, mentre per gli immobili di classe E ed F gli interventi di adeguamento saranno oltremodo costosi. Per non parlare delle sanzioni di chi si ritroverà proprietario di una casa, di quelle costruite negli anni ‘70 ai ’90.

Il punto però di discriminazione della popolazione italiana è che il 70,8% circa 18,2 milioni di famiglie italiane ha la casa di proprietà, il 20,5% vivono in affitto e 2,2 milioni di connazionali dispongono di una abitazione in usufrutto a titolo gratuito, dati istat del 2021.

Invece in Francia e Germania la proprietà delle abitazioni che poi vanno in affitto, sono in mano a società che hanno potuto godere di fondi per adeguarsi per tempo alla efficienza richiesta.

Infatti nel 2022 l’UE, in deroga all’art. 106 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea   che vieta sostanzialmente gli aiuti di Stato, ha approvato 672 milioni di euro di aiuti di Stato, di cui il 53% è finito alla Germania, il 24% alla Francia e solo il 7% all’Italia.

E’ evidente che una Europa così squilibrata a favore dei soliti noti  non ha un futuro sereno.

Noi italiani non resteremo in attesa del bel principe che ci riporta la scarpetta persa alla festa, ma ci batteremo perché i nostri sacrifici ed  i nostri diritti siano tutelati e garantiti ed alcuno potrà pregiudicare la nostra dignità di cittadini italiani e del mondo. Che si sappia.

Carlo Ceresoli

 

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