La guerra ibrida e le nuove strategie del conflitto

La guerra ibrida e le nuove strategie del conflitto

Che cosa ci rende diversi dalle società dei secoli passati?

La cucina, ad esempio, infatti le conoscenze sugli alimenti ed il modo di cucinarli è molto cambiato.

Cosi la scienza e le tecnologie, la medicina….c’è stata una indiscutibile evoluzione.

Anche il modo di fare la guerra è molto cambiato.

Seppur il desiderio di possedere le terre e le ricchezze degli altri paesi, la cui storia abbiamo studiato nei libri di scuola, è sempre quello primordiale dell’uomo, i potenti signori hanno modificato la maniera di conquistare nuovi territori e  sottomettere le popolazioni per impossessarsi delle loro ricchezze.

Fino a marzo 2022, l’Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED), una organizzazione finanziata dal Dipartimento di Stato USA, dal Ministero degli Affari Esteri olandese, dal Ministero degli Esteri tedesco, dalla fondazione Tableau, dall’Organizzazione Internazionale per le migrazioni e dall’ Università del Texas di Austin, ha contato 59 guerre che stanno accadendo nel mondo, individuando come le aree più pericolose l’Etiopia, lo Yemen, il Sael, la Nigeria, l’Afghanistan, il Libano, il Sudan, Haiti, la Colombia e Myanmar.

Eppure queste guerre non si combattono solo con le armi tradizionali, anche se tecnologicamente più avanzate, come aerei, carri armati, navi e soldati armati di fucili e cannoni.

Specialmente nei Paesi più ricchi e industrializzati, per sconfiggere il nemico, si è diffusa la raffinata strategia utilizzando tecniche di comunicazione, meccanismi finanziari e sanzioni economiche allo scopo di indebolire ed isolare lo Stato da abbattere.

Questa è la guerra “ibrida”.

Questo aggettivo è stato utilizzato per la prima volta nel 2002 dal colonnello William J. Nemeth del Corpo della Marina degli Stati Uniti in una sua tesi descrittiva sulle tecniche di guerriglia dei soldati ceceni.

E’ la guerra moderna dove, per demolire uno Stato anche senza sparare un colpo,  si utilizzano gli strumenti bellici non convenzionali come l’informatica per sabotare e danneggiare le infrastrutture militari e civili; si usano la robotica ed armi speciali ad alta precisione che sfruttano l’energia laser, le radiazioni a corto raggio o la geo-ingegneria; si assoldano truppe mercenarie o gruppi di civili che vivono entro i confini del Paese nemico; ci può essere un ampio uso di agitatori locali che vengono adeguatamente finanziati ed addestrati; si possono usare armi “economiche” come i divieti di esportazione ed importazioni di merci verso il Paese nemico; infine c’è l’arma della falsa informazione diffusa artatamente a mezzo dei social media e con l’appoggio dei così detti “serbatoi di idee” i think thank.

Lo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche ha reso possibile una generale manipolazione delle informazioni che può rivelarsi  determinante per gli esiti di un conflitto.

Come può essere altrettanto incisiva la rivelazione di informazioni che i governi hanno interesse a nascondere per motivi di segretezza politica ed economica.

Oggi assistiamo a vari tentativi di legiferare in funzione di operare un controllo, ma più spesso una censura legalizzata, su quei mezzi di comunicazione che non si allineano al pensiero unico strategico governativo che agisce non nell’interesse collettivo dei suoi cittadini ma persegue fini e scopi utili solo ed esclusivamente ad una parte della popolazione, in genere sempre quella minima percentuale di potenti e ricchi signori, detentori dell’80% delle ricchezze della terra.

Tanto è vero che, nel recente raduno dei 20 capi di Stato più influenti al mondo a Bali in Indonesia, al punto 24 comma2 del documento finale si evidenzia la necessità di intervenire per contrastare la disinformazione che può danneggiare i loro progetti di riorganizzazione sociale ed economica del mondo, alias il “great reset”.

Il punto è che questi prìncipi del denaro posseggono di fatto i canali informativi che utilizzano per una vera e propria formattazione intellettuale dei popoli.

Questi governanti  creano i loro soldi virtuali cliccando su un pulsante e sono in grado di comprare  social media, siti internet,  giornali e giornalisti, televisioni e radio, a volte gli stessi canali dove si tenta di far girare una contro informazione, soggetta a controllo e censura.

Nonostante tutto ciò esiste una parte della popolazione mondiale che ha ben chiare queste dinamiche di potere e non è disposta ad accettare imposizioni ed obblighi palesemente ingiusti e vessatori che, demolendo i diritti persino naturali delle persone, intendono eliminare l’umano trasformandolo in una macchina funzionante,  minando le coscienze e  lo spirito critico, che è il preludio alla libertà di espressione e di pensiero.

Quello spirito di libertà che tanto dà fastidio ai ricchi capitalisti neoliberisti,  che invece lavorano prepotentemente per assoggettare i cittadini del mondo  al loro disegno egemonico e dittatoriale.

Non ci riusciranno. E’ questione di tempo ed il castello di ingiustizie e soprusi ricadrà fragorosamente su di loro.

Carlo Ceresoli

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